La Prof.ssa Matejka Grgic ha catturato l’attenzione di tutti con la sua esposizione molto professionale ed avvincente, la sera del 14 settembre al Club. Il tema era “quando le lingue sono più di una”, cioè il multilinguismo ed il suo apprendimento.
Il sottotitolo “falsi miti e nuove scoperte “ è stato molto appropriato perché la relatrice ha demolito alcuni convincimenti comuni come quello che la madrelingua appresa da piccoli rimanga tale sempre (quando invece va praticata sempre ), che quei pochi anni di lingua straniera a scuola servano poco ( quando invece sono basati sulla fondamentale grammatica: la lingua si “apprende” ), che le lingue vanno fondamentalmente imparate da piccoli (quando spesso è l’esigenza di vita o di lavoro lo stimolo determinante: la lingua si “acquisisce “), che in casa ai bimbi non bisogna parlare il dialetto ( quando invece la trasmissione orale della cultura dialettale deve proprio avvenire in famiglia da piccoli facilitando i successivi apprendimenti linguistici).Centrale naturalmente è la questione dell’età dell’apprendimento . Poichè i bimbi sotto i tre anni assimilano molto facilmente, mentre non è così per i bimbi sui sei anni di età, è un grosso errore della scuola aver inserito una lingua straniera proprio alle elementari! E’ l’età più sbagliata. L’apprendimento di due lingue sotto i tre anni favorisce uno sviluppo del cervello più portato poi all’apprendimento delle altre lingue. Comunque se poi non si ha modo di esercitare una lingua imparata da piccolo, non si può sostenere di essere bilingue….. In conclusione il termine bi/multilingue va usato con parsimonia. Lo è chi le parla con padronanza, allo stesso livello dei parlanti monolingua, le comprende anche senza parlarle ed allo stesso livello. Infine un territorio è bi/multilingue quando sono presenti due o più lingue anche se parlate in diversa misura e con status diversi e gli abitanti sono a vario titolo bi o plurilingui. Di attualità infine la questione della “seconda lingua” tipicamente quella appresa più tardi in età vivendo in un territorio dov’essa è primaria. Insomma il caso dei figli degli emigranti per i quali la “full immersion” obbligatoria senza la guida di un glottologo non è efficace se non vi è forte motivazione , minime conoscenza elementari linguistiche , e che comunque fanno un percorso di apprendimento strutturato.
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