Il Requiem di Mozart e Bartabas alla Felsenreitschule di Salisburgo

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo integralmente, il contributo ricevuto dalla Prof.ssa Annamaria Brondani, consorte del socio Luigi Menghini.

Un’onda emotiva fortissima, irrefrenabile, all’improvviso si impossessa di me e mi fa tremare come una foglia al vento: sono entrata nelle maestose sale del Felsenreitschule di Salisburgo dove, tra poco, avrà inizio il Requiem di Mozart, accompagnato dalle danze dei cavalli silenziosi dell’Accademia Equestre fondata da Bartabas a Versailles nel 2003. L’opera somma del grande salisburghese, composta poco tempo prima di morire, nel 1791, e terminata da un suo allievo, sarà diretta da Marc Minkowski, e vedrà la partecipazione dei musicisti del Louvre e del coro di Salisburgo, oltre a nomi di prestigio internazionale come tenori, soprani e bassi.E’ per me un privilegio assoluto potermici avvicinare dal vivo, proprio qui, in questo ovattato tempio della musica salisburghese, dopo aver ascoltato mille volte il Requiem in religiosa meditazione nel silenzio di casa mia. E questo privilegio lo devo alla mia ormai quarantennale attività di pubblicista, a Christine Forstner del Mozarteum, Presse Departement, all’amico Edwin Pfangzangl, ingegnere dei suoni del Festival di Salisburgo e marito di Francesca Cardone, grande pianista di origine abruzzese, formatasi alla scuola di Acucharro, dopo aver frequentato master dei più prestigiosi maestri pianisti italiani, americani ed europei. Il cuore corre all’impazzata mentre aspetto, come avessi una fibrillazione, e penso ai miei compagni di viaggio dell’Associazione Mozart di Trieste che non sono riusciti a prendersi un biglietto normale, perché tutto era ormai sold out da mesi! Ma presterò io a loro i miei occhi e le mie orecchie, e lascerò loro la mia scrittura -testimonianza, con determinazione, orgoglio ed onore. E’ un evento eccezionale, non c’è dubbio: lo dimostrano le decine e decine di persone eleganti che sfoggiano le loro mises nel bar adiacente alla grande sala dove tra poco avrà inizio lo spettacolo. Mi hanno assegnato un posto di riguardo,centrale, il numero 14 nella fila 3: da lì posso contemplare da vicino il proscenio e, volgendomi a destra e sinistra, guardare le persone che affollano discretamente la sala semioscura, mentre una costellazione di lucine tentano di farci luce dall’alto del soffitto, immergendoci immediatamente in un’atmosfera magica, da sogno. E davanti a me, a delimitare il proscenio, si illumina un triplo ordine di palchi, dove sono allocati musicisti e cantanti, mentre sul lato sinistro, immersi nella semioscurità, si vedono aggirarsi in breve spazio, silenziosi e misteriosi cavalli: è la prestigiosa Accademia Equestre di Versailles, fondata e guidata dall’inimitabile arte di Bartabas. I musicisti stanno accordando i loro strumenti, in un’armonica disarmonia. Io sono emozionatissima, come se dovessi partorire ! Questa visione mi ha colpito nel profondo, nell’anima, nelle viscere, sono diventata tutt’uno con lo spettacolo che sta per avere inizio. Il teatro, nel frattempo, si è completamente riempito: per forza, sold out, con biglietti che vanno dai 165 Euro in su: lo spettacolo si annuncia unico ed irripetibile, anche se sono programmate quattro repliche, unico ed irripetibile sicuramente per me, che, pure , ho frequentato La Scala di Milano, il San Carlo di Napoli, la Fenice di Venezia, oltre che il Verdi di Trieste. Il sangue mi sale e mi batte alle tempie, ho l’impressione che il cuore mi scoppi, nell’attesa che lo spettacolo cominci. Vicino a me è seduta una giovane cinese, venuta da Chongging, tre ore di aereo da Pechino , cinque di treno. E’ fortunata la ragazza, ha solo 20 anni, è venuta qui esclusivamente per quest’evento: non sa ancora che la vita non risparmierà nulla neanche a lei, di sicuro proveniente da una famiglia alto borghese. Davanti a me prende posto, nella seconda fila, una famiglia proveniente dalla Stiria, Graz, Steiermark; ha percorso un tragitto di tre ore di macchina per raggiungere questo tempio della musica: sono moglie, marito e due figli, piccoli, sotto i 10 anni d’età, troppo pochi, a mio parere, per comprendere la tragicità e l’immensa bellezza del Requiem. Intanto, in ciascuno dei tre ordini di palchi, davanti a me, i soli illuminati, nell’oscurità della sala, tre o quattro persone sono alle prese con l’accordo dei loro strumenti: una visione d’insieme quasi liturgica, che ti toglie il fiato. E mentre i cantanti cominciano a cantare i primi movimenti dell’opera, un cavaliere avanza, danzando misterioso sulla scena sul suo cavallo nero: anche lui indossa una tshirt nera, che mette e toglie a seconda del movimento delle note: è il mitico Bartabas, che si offre a noi maestoso e misterioso, introducendo la magnifica coreografia dello spettacolo. Solo ora intuisco che nel terzo ordine di palchi, quello collocato più in alto, si profilano i cantanti. Sotto, nei primi due ordini, sono allocati i musicisti: uno spettacolo da brivido, che ti fa provare emozioni mai provate prima, nemmeno paragonabili al fatidico “ Sì” in Chiesa che mi ha legato per sempre al mio Luigi. Ora capisco che la musica di Mozart è sacra, come sacra è la danza che l’ accompagna. Iniziano l’Introitus, il Kyrie, il Sequent fino all’esplosione del Dies irae; cinque bianchi cavalli avanzano con i loro cavalieri che li imbrigliano, collocandosi al loro fianco, di nero vestiti. Ogni cavallo sorregge sul suo dorso una giovane donna, che appare inanimata; una delle giovani donne, all’improvviso, si eleva in arcioni sul suo cavallo, poi la seguono le altre: subentrano due cavalieri incappucciati di nero , come la morte avanzasse su zoccoli silenziosi, sul dorso dei loro cavalli bianchi. Le giovani donne si elevano in arcioni alzando il braccio destro, poi cominciano a trottare: sono bionde,brune, rosse bellissime anazzoni che si offrono al nostro sguardo incantato nella loro sovrumana bellezza: dee, guidate da una divinità che si percepisce presente. Al Dies irae si incontrano, incrociandosi tra di loro. Ritornano in scena i cavalieri incappucciati, uno dal lato destro, l’altro dal sinistro, poi si congiungono e procedono appaiati al centro del proscenio, poi si ritirano alle note del Tuba mirum. E, mentre il tenore e la soprano ci regalano la maestosità e la potente delicatezza delle loro ugole, i due cavalieri incappucciati di nero cedono il posto a due amazzoni bionde; ma, all’improvviso i due incappucciati appaiono sfidarsi mentre, in realtà, stringono tra di loro un patto al centro della scena. Segue il Rex tremendae : i due incappucciati , al centro della scena, vengono circondati da sei amazzoni che girano loro attorno freneticamente. E poi le note del Recordare, con le amazzoni a testa in giù sui loro cavalli, poi, in arcioni, con le mani allargate , si affiancano a due a due e chiudono la scena. A questo punto i due cavalieri incappucciati mi passano proprio davanti e mi fanno ancor di più sentire una piccola, fragile fibra dell’universo: ora sono sei amazzoni a procedere al centro della scena, dividendosi successivamente in due gruppi di tre, guidati, ognuno, da un cavaliere incappucciato. E poi eccoli tutti insieme procedere verso di noi, poi ritornare indietro, mentre due soprani e due tenori si alternano con la potenza del loro canto: che musica divina! Ora, al centro della scena, si presentano 12 donne a piedi, vestite di scuro, che poi si fermano stanti, mentre sei amazzoni le guardano dall’alto dei loro cavalli. Siamo al Confutatis. Ora le donne appiedate lasciano, a due a due, la scena , mentre le sei amazzoni ci volgono le terga e si adagiano supine sui dorsi dei loro cavalli: che spettacolo sublime! Segue il Lacrimosa con le amazzoni che si elevano dal dorso dei loro cavalli e poi, congiunte, alzano le mani al cielo, poi le allargano e, piroettando, danzano prima supine e poi in arcioni sui loro cavalli, volgendo verso di noi lo sguardo. Le loro fluenti chiome ondeggiano in sintonia con il piroettare delle loro teste , per poi terminare in posizione supina. Siamo all’Offertorium. Poi il Domine Jesu, ed ecco altri cavalieri e due amazzoni , seguite da altre due, mentre si accampano in piedi, sul proscenio, due altre ragazze vestite di nero. La coreografia è veramente mozzafiato, sacra, come sacra è la divina musica di Mozart. La danza ed i cavalli di Bartabas si coniugano perfettamente con le note della musica del sommo salisburghese: sono, insieme, un inno alla vita, oltre che alla morte. Segue l’Hostias, ed ecco affacciarsi altre otto amazzoni che si incrociano tra di loro in due file da quattro. Dal mio posto è spettacolare la vista dei violoncelli e dei violini che suonano, sullo sfondo , nei loro palchi, mentre cavalli, cavalieri ed amazzoni danzano silenziosi e muti sul proscenio, come svolgendo una sacra liturgia. Siamo ora al Sanctis: sul proscenio si presenta, in mezzo alla scena,senza bardature, come stramazzato, un cavallo nero; poi si gira e si rigira ancora dall’altra parte, in un gioco misterioso. alla fine si alza da terra ed un cavaliere lo accompagna fuori dalla scena, nella semioscurità. A questo punto esplode il Sanctus ed otto cavalieri incappucciati riempiono la scena, sfilando poi lateralmente, prima a destra, poi a sinistra. Infine si incrociano a gruppi di quattro. Siamo ora al Benedictus: tre amazzoni da un lato e tre dall’altro si incrociano. Io scoppio a piangere, piango dall’emozione. Quando morirò, suonatemi il Requiem, per favore, o fatelo andare in CD, e poi crematemi. Sarà il modo migliore di onorarmi e di accompagnarmi nella seconda ed eterna vita. I cavalieri, intanto, procedono silenziosi al trotto per poi porsi al lato della scena. Subentra l’Agnus Dei con tre cavalieri, ridotti a puri scheletri, che vengono accompagnati o, meglio, tenuti da dietro alla briglia dai tre incappucciati. E’ chiaro che rappresentano la morte imminente. I loro cavalli sono bianchi, con bardature bianche, come bianco è lo scheletro che li sostanzia. Io continuo a piangere sommessamente, perché l’emozione è troppo forte: sono strani, quegli scheletri che si ergono con le loro ali scheletrite sui dorsi dei loro cavalli. Da ultimo, avanzano due cavalieri incappucciati, seguiti da altri appiedati, e , via via, le amazzoni morte sui dorsi dei loro cavalli, mentre altre, vive, allargano le loro braccia. Lo spettacolo mi ha preso troppo! Signore, ti ringrazio del privilegio che m’hai accordato di assistere ad un simile spettacolo, vera e propria mistica liturgia. E allora mi sovvengono i versi del grande poeta goriziano Carlo Michelstaedter che, nel Volo delle crisalidi, parlava della vita nella morte e della morte nella vita. All’epoca, aveva solo 20 anni anche lui, come la cinesina che mi siede a fianco, eppure si suicidò. Era il 1910: altri tempi! Altra consapevolezza! Ma, se sacra è la vita, sacra è anche la morte. Quanti uomini l’hanno affrontata per difendere le loro verità? Eppure, solo oggi noi li celebriamo come eroi.
Scriveva Bertolt Brecht nelle Domande di un lettore operaio:

Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì?
Ci sono i nomi dei re, dentro i libri.
Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?
Babilonia, distrutta tante volte,
chi altrettante la riedificò? In quali case
di Lima lucente d’oro abitavano i costruttori?
Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia,
i muratori? Roma la grande
è piena d’archi di trionfo. Chi la costruì? Su chi
trionfarono i Cesari? La celebrata Bisanzio
aveva solo palazzi per i suoi abitanti? Anche nella favolosa Atlantide
la notte che il mare li inghiottì, affogavano urlando
aiuto ai loro schiavi.
 
Il giovane Alessandro conquistò l’India.
Da solo?
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con sé nemmeno un cuoco?
Filippo di Spagna pianse, quando la flotta
gli fu affondata. Nessun altro pianse?
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi,
oltre a lui, l’ha vinta?
Una vittoria ogni pagina.
Chi cucinò la cena della vittoria?
Ogni dieci anni un grand’uomo.
Chi ne pagò le spese?

Quante vicende,
tante domande.

Meditiamo, gente, e non dimentichiamolo più, è di una straordinaria,urgente e stringente attualità.

Annamaria Brondani Menghini

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