Nutrire il pianeta: Expo 2015 e il ruolo dell’innovazione nell’agroalimentare

Michele_MorganteGiovedì 26 marzo, il prof. Michele Morgante, Accademico dei Lincei e Docente all’Università di Udine, ha svolto una relazione di ampio respiro sull’attuale e futura situazione agricola del mondo e dell’Italia in particolare.

E’ ricercatore nel campo della genetica delle piante, delegato del Rettore per la Ricerca e responsabile del team di settore di Genomica e Genetica del Dipartimento di Scienza Agrarie ed Ambientali (IGA) dell’UNIUD. In particolare, l’IGA svolge ricerche di genomica strutturale e funzionale in specie vegetali come vite, frumento, pioppo da biomassa, ed altre. L’oratore s’è soffermato sul sequenziamento del genoma della vite, un progetto italo-francese avviato ufficialmente nel 2005 con la sottoscrizione di un accordo di collaborazione tra i due Paesi.

Il completamento del sequenziamento del genoma della vite, oltre a portare il Friuli ai più alti livelli della ricerca scientifica, potrà garantire ricadute a breve e medio termine al settore vitivinicolo, grazie alla possibilità di creare nuove varietà di vite di maggiore qualità e resistenti ai funghi, e di realizzare la caratterizzazione di varietà e cloni di vite per i vivaisti. Il mercato primario relativamente a questo primo progetto sono i vivaisti viticoli che producono le barbatelle destinate ai viticoltori e, a seguire, le imprese operanti nel campo delle biotecnologie e della bioinformatica.

Perché questi studi e queste nuove risorse per l’agricoltura? Nata in fondo poche migliaia di anni fa per l’alimentazione dell’uomo alternativa alla carne della cacciagione, l’agricoltura ha modificato e modifica continuamente l’ambiente oltre che la struttura sociale dell’uomo (stanziale proprio in relazione a questa risorsa alimentare). Si tratta cioè di una deformazione artificiale della vegetazione naturale volta a “produrre” alimenti.

L’elementare spiegazione che la spiga naturale si apre disperdendo i semi a terra per la riproduzione mentre quella coltivata lo è proprio perché si riesce a raccoglierla con i semi destinati alla macinazione, è illuminante. Da millenni cioè scopo dell’agricoltore è quello di difendere i suoi incroci da insetti, siccità, funghi. Esteso il concetto a scala planetaria esso spiega la potente industria della chimica, la crisi idrica mondiale, la ritrosia del settore produttivo all’innovazione tecnologica. Questo quindi il punto trattato dal pof. Morgante : a fronte della crescita demografica (10 miliardi di persone nel 2050?) ed alla conseguente dilatazione dei sottonutriti o affamati ( 2 Miliardi?) come difendersi dalla dilatazione spaziale e inquinante delle colture tradizionali? Dal consumo idrico spropositato del Brasile che produce il metanolo dal mais? Dall’industria chimica tedesca che da sola copre percentuali impressionanti del mercato mondiale e quindi condiziona produttori agricoli e politici? Dalla lenta agonia dei piccoli tradizionali produttori che vedono solo nella costosa “tradizione” (dei pesticidi, fungicidi, dell’irrigazione etc.) l’unica loro cultura produttiva a difesa della quantità ed a scapito del generale interesse di tutela ambientale? Ma più ancora dalla insopportabile concorrenza dei grandi e grandissimi produttori (asiatici e sudamericani) che alla fine fanno il prezzo di mercato (le famose quotazioni agricole della borsa di Chicago) senza pensare al futuro del pianeta, della sua popolazione, della sua acqua, della sua salute, della sua alimentazione?

Esempio citato è stata la situazione critica della viticoltura in Europa che, pur occupando soltanto il 3,3% della superficie agricola, utilizza ben il 65% dei fungicidi impiegati in agricoltura (62 mila tonnellate di pesticidi impiegati per anno). Problema complesso e soluzioni ancor più complesse ed integrate, naturalmente. Ma che per loro natura, secondo l’oratore, non possono che passare attraverso l’innovazione culturale e tecnologica. E la biotecnologia per selezionare e formare quindi piante per l’agricoltura auto protette che quindi sempre meno necessitano di fungicidi, pesticidi ed altre artificiali e chimiche risorse. La parola OGM non è stata pronunciata ma aleggiava. L’esempio portato è stato quello dei nuovi vitigni friulani studiati dall’Università ed in fase di brevetto nazionale, oggi ceduto ai Vivai Cooperativi di Rauscedo di Pordenone. Si tratta delle prime varietà prodotte in Italia, risultato di quindici anni di studio dei ricercatori dell’ateneo friulano in collaborazione con l’Istituto di genomica applicata di Udine. Il risultato è di rilievo perché si sono ottenute le prime varietà di vite resistenti alle malattie prodotte in Italia. La necessità “chimica” s’è ridotta a due cicli di verderame al posto di oltre una dozzina di pesanti trattamenti chimici, tradizionali per i viticoltori. Altri stanno lavorando a progetti simili ma tuttavia le varietà già ottenute hanno tutte un ciclo corto, maturano troppo presto e sono adatte soltanto ai climi più freddi dell’Europa continentale. L’unico problema delle nuove varietà di vite da vino resistenti alle malattie pare essere quello di ….trovarne un nome di mercato.

L’innovazione tecnologica per l’agricoltura passa quindi per lo studio, e la sua applicazione, di,nuove generazioni di incroci con resistenze multiple, capaci di tenere a bada più malattie e in grado di portare resistenze molto più durature nonché di messa a punto di metodi di selezione rapida delle piante. Strada impervia anche tra gli scienziati, ha concluso il prof. Morgante, tanto che ancora il fascino della “tradizione” spinge dei ricercatori israeliani ad usare semi ritrovati in un sito archeologico per tentare di riprodurre viti antiche convinti che la qualità di allora fosse inevitabilmente migliore. Auguri.

Quanto all’EXPO 2015 di Milano dove questi problemi dovrebbero essere alla ribalta il timore è che, almeno per l’Italia e l’Europa, l’Esposizione sia un’occasione di concentrarsi solo sull’aspetto commerciale della cucina e non su quello della produzione agricola e suo futuro.

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