Giovedì 22 novembre, presso la Tenuta Blasig di Ronchi dei Legionari, il Generale di Brigata, in ausiliaria, Salvatore Fronda ha tenuto una conferenza dal titolo: “ Missioni di Pace in Afghanistan e Kosovo: io c’ero!”.
Il Gen. Fronda è socio del Rotary Club di Gemona – Friuli collinare dall’anno ed attualmente riveste l’incarico di Presidente del Club.
Dopo aver prestato servizio presso varie sedi in Italia, nel 1992 si è specializzato nella branca Informazione e Sicurezza, frequentando specifici corsi di preparazione ed aggiornamento sia in Italia che all’Estero. Questo gli ha consentito la partecipazione, con reparti internazionali, a tre missioni in Kosovo e due in Afghanistan, a Kabul.La relazione è stata accompagnata da diverse slide rappresentative dei teatri delle missioni ma soprattutto dal racconto di molti aneddoti. Il relatore ha rappresentato la struttura organizzativa dell’esercito laddove il Generale equivale all’Amministratore delegato di una Società. Lo staff si suddivide poi in due categorie con Capi ACOS Operazioni e ACOS Logistico da cui dipendono le Branche cioè i vari Uffici. Il Gen. Fronda ha operato in particolare nelle Branche G2 Intelligence e G5 CIMIC in favore della popolazione.
A questa premessa è seguita la parte relativa alla storia geopolitica ed alle operazioni in Kosovo, regione balcanica avente una superficie di quasi 11.000 km quadrati- pari a quella dell’Abruzzo- confinante con la Serbia, il Montenegro, l’Albania e la Macedonia. Il territorio amministrato dall’ONU dal 1999 in base alla Risoluzione n. 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è posto sotto il protettorato internazionale UNMIK e NATO.
Negli anni successivi, specie nel 2004, la prevalente etnia albanese ha comunque preso il sopravvento sulla minoranza serba con molteplici episodi di violenza collettiva anche contro le chiese e i monasteri cristiani. Nel 2008 il Kosovo ha unilateralmente dichiarato la propria indipendenza dalla Serbia, ma lo status giuridico non è univocamente riconosciuto da tutti i Paesi aderenti alle Nazioni Unite, con Russia e Cina, contrari al riconoscimento, assieme alla Serbia che non voleva perdere la sovranità sulla provincia e dei Kosovari che ambivano alla piena indipendenza. In questo territorio provvisto di un governo provvisorio, posto sotto protettorato, che di fatto ha assunto il ruolo in passato detenuto dall’ Albania, il ruolo delle Forze Armate in missione di Pace è praticamente ininfluente e quindi scarsamente utile.
Il Kosovo perciò è diventato il crocevia di attività criminose e traffici illegali di ogni genere: droga, esseri umani e migranti, gestiti dai principali gruppi malavitosi internazionali.
La situazione in Afghanistan, Stato avente una superficie pari al doppio dell’Italia ed una popolazione stimata che è meno della metà, è parimenti complicata. A seguito della caduta del regime talebano, con l’arrivo delle forze alleate e la riunione del Gran Consiglio, la Repubblica Islamica dell’Afghanistan ha una nuova Costituzione e, dal 2001, un Presidente: Hamid Karzai. Tuttavia le diverse lingue parlate: dari e pashtu le principali; le comunità di svariata estrazione etnica: pashtun, tagiki, hazara, uzbechi, ecc. frutto della molteplicità dei paesi confinanti (ben sei!), sono alla base di una situazione che il relatore ha definito: irrisolvibile in maniera irrimediabile. Eppure la polizia afghana ha ormai un contingente di oltre 70.000 uomini ed un esercito, che svolge anche funzioni di polizia in molte aree, di 90.000 uomini, senza contare la presenza costante del contingente internazionale.
Ma anche in questo Paese come in Kosovo regna la corruzione. Questo è il frutto di oltre 30 anni di conflitti per contrasti tra le varie comunità, complicati anche dall’arbitraria divisione confinaria decisa dai britannici nel 1893.
Comunque l’area di maggior interesse per le nostre truppe è la regione di Herat, dove si svolge buona parte della coltivazione dei papaveri da oppio e prolifera il traffico della droga ma non solo. In tale regione che confina con l’Iran, il problema maggiore è rappresentato dalla nuova base USA, posta verso tale confine più in funzione strategica antiraniana che antitalebana, per cui in caso di conflitto tra questi due stati le nostre truppe si troverebbero nella zone più esposta ad attività belliche e di rappresaglia. Anche in questo paese quindi – secondo i più autorevoli analisti – i motivi di instabilità non sono causati dalla popolazione residente per motivazioni separatiste ma dalle interferenze dei confinanti, che favoriscono il terrorismo, e dagli interessi dei signori della guerra, rappresentati dai traffici illegali di droga e di armi. A conclusione della esposizione, che sicuramente ha lasciato il segno per la luce di crudo realismo gettata dal relatore su un’attività che pubblicamente viene definita come una missione di pace, ma che nei fatti è cosa ben diversa, poche sono state le domande da parte degli astanti, chiaramente colpiti da un’analisi dei fatti inaspettatamente dura.