Mentre in Italia impazzava il caso Stamina, nei laboratori di tutto il mondo la ricerca di base in ambito medico e quella destinata alle applicazioni cliniche facevano passi da gigante.
Anche nei laboratori di casa nostra la ricerca medica non ha mai percorso un cammino così ricco di nuove conoscenze come nell’ultimo quarto di secolo, e oggi sono molte le aree di frontiera e le strategie nuove di questo ambito di ricerca.
In tutto il mondo, tra i protagonisti di questa rivoluzione annunciata, anche se non ancora compiuta, ci sono le cellule staminali. attualmente valido strumento di cura solo in ambito ematologico e nel trattamento di alcuni epiteli. Il resto deve ancora passare il vaglio di una fase di sperimentazione. Una classe di staminali promettenti sono le pluripotenti indotte, ottenute riprogrammando cellule adulte come ha scoperto nel 2006 il giapponese Shinya Yamanaka, il quale nel 2012 è stato premiato con il Nobel per la medicina proprio per i suoi studi pionieristici sulle staminali pluripotenti.
L’arco temporale della vicenda delle staminali pluripotenti indotte (sei anni tra la scoperta e il massimo riconoscimento) è esemplificativo della velocità con cui si muove oggi la ricerca biomedica. Tutto questo sarebbe stato impensabile senza quella grande impresa scientifica che è la ricerca nel campo del Genoma Umano.
Di tutto ciò giovedì 6 ottobre ha parlato, ospite del Club, il rotariano prof. Mauro Giacca, Direttore del ICGEB (Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia) organizzazione mondiale ( con sedi in India, Sud Africa ed Italia) che si occupa proprio di ingegneria genetica, con ricerca nei campi agroalimentari e della medicina.
Coordinata dalla sede di Trieste.Tra le molte sorprendenti notizie ed informazioni fornite il prof. Giacca ha parlato di ………lucertole. Così come la loro coda mozzata rispunta, i nostri arti potranno ricrescere. Idem gli organi interni, il cervello e il sistema nervoso. Il rene da dialisi rinascerà, i neuroni minacciati dall’Alzheimer rifioriranno, il midollo spinale interrotto del paraplegico si ricongiungerà. Suona come fantascienza, eppure le aspettative si concentrano su questo: la medicina rigenerativa, la possibilità di attivar in tutto il mondo gli scienziati lavorano per trasformare il corpo in un laboratorio prodigioso che produca da sé i pezzi di ricambio e a comando la capacità di ogni cellula di replicarsi generando tessuti o, con copie via via differenziate, intere parti del corpo. I rami di studio sono due: il più nuovo è l’intervento genetico, per indurre la divisione cellulare a monte, agendo sul Dna, il più battuto è la coltura di staminali da impiantare nel paziente. La vita si allunga, ma restiamo incapaci di riparare i danni che alcuni organi fondamentali subiscono nel tempo. Ed è il motivo per cui sono in crescita vertiginosa le malattie degenerative. Una persona su tre sopra gli 80 anni ( è l’aspettativa di vita dei paesi più evoluti) è affetta da una forma di demenza, perché non si rigenerano i neuroni della corteccia cerebrale. Niente da fare per le cellule beta del pancreas, con 170 milioni di diabetici nel mondo. Tra gli over 75, la metà ha un problema dell’udito e oltre il 30 per cento della retina. Anche le cellule del cuore non si riformano e, purtroppo, lo scompenso cardiaco è una delle prime cause di morte nel mondo, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità. È il decadimento legato alla vecchiaia, dunque, un dramma individuale, economico e sociale. Nello sviluppo embrionale le staminali danno origine a tutto il corpo: ogni vivente si forma sempre a partire da una sola cellula. E il processo di rigenerazione non si esaurisce in fase fetale o infantile. Un essere umano adulto produce 25 milioni di nuove cellule al secondo: servono a sostituire, per esempio, globuli rossi e globuli bianchi, intestino o pelle. Il corpo sana le proprie ferite o le ossa fratturate. E il fegato può ricostituirsi dopo asportazioni fino a due terzi del totale. Sangue o pelle si svecchiano di continuo, mentre nel cervello o nel cuore ,così come nel muscolo, lavorano delle staminali che si rinnova solo due, tre volte nella vita. Non a caso gli ambiti in cui si sono ottenuti successi con le staminali sono il trattamento di grandi ustioni, la ricostruzione della cornea, il trattamento di malattie immuno-ematologiche, il trapianto di midollo. E la modalità adottata da salamandre e pesci è stata alla base del risultato delle ricerche di Mauro Giacca, che con la sua équipe è riuscito a risanare senza alcuna cicatrice il cuore infartuato dei topi. I ricercatori triestini hanno identificato frammenti di materiale genetico in grado di risvegliare quei geni che nel feto fanno crescere il cuore e che negli adulti si mettono a dormire, in modo che possano innescare il sistema antico in grado di produrre nuove cellule cardiache. Queste cellule somministrate con un’iniezione a un topino che ha subìto un infarto, rimettono in moto le cellule cardiache adulte, che si moltiplicano di continuo . Se funzionasse anche per gli uomini, ci assicureremmo una vecchiaia meno fragile. La visione prevalente, fin qui, è stata di coltivare tessuti in laboratorio con staminali prelevate dal paziente. Purtroppo i risultati sono stati fallimentari in molti ambiti. Se anche tra dieci anni si mettesse a punto questo sistema sarebbe laborioso, personalizzato e costoso. Siamo sette miliardi nel mondo, una metodica del genere sarebbe di beneficio per una percentuale esigua. Da tre, quattro anni la ricerca mira piuttosto a capire come ripristinare il programma genetico che stimoli gli organi a rigenerarsi direttamente nei pazienti. Ma in che cosa consiste un intervento genetico? Si usano e si useranno sempre di più farmaci biotecnologici ha spiegato Giacca, ossia basati su proteine (fattori di crescita) o su frammenti di Dna . Queste sostanze possono entrare nel nucleo cellulare e modificare l’espressione di uno o più geni. Molecole inoculate o ingerite per riportarci alle origini, quando il corpo era ancora da costruire e la vita nascente. Nel rispondere alle tante domande Mauro Giacca ha toccato molti temi tra cui quello delle prospettive per i giovani .Il consiglio è di applicarsi seriamente,studiando ed approfondendo. Non basta cercare di avere una visuale ampia leggendo più fonti possibili, bisogna lavorare alla base, quando si è ancora a scuola, per crearsi un bagaglio culturale sufficiente che permetta di comprendere le argomentazioni scientifiche. Purtroppo il livello di cultura scientifica in altri paesi europei, soprattutto nei paesi nordici, è molto più alto che in Italia. Negli Stati Uniti, invece, il livello medio è inferiore rispetto al nostro ma lì c’è un grande rispetto per le istituzioni e per chi rappresenta dei campi di competenza specifici, e quindi è più difficile incorrere in certe situazioni paradossali, come quelle che talvolta accadono nel nostro paese. Fare ricerca altrove è un passaggio quasi obbligatorio nella formazione, il problema non è andare via ma non poter ritornare. I giovani che vengono a lavorare all’ICGEB , per esempio, anche gli italiani, finiscono il dottorato, rimangono eventualmente ancora un anno per concludere i loro progetti e pubblicare, e poi vanno all’estero dove hanno accesso alle migliori istituzioni internazionali. È questo che invece manca da noi: valorizzare i giovani bravi che si formano all’estero e farli rientrare considerandoli una risorsa nazionale.