Giovedi 24 ottobre, il Club ha ospitato il dr. Franco Fornasaro , noto farmacista e fitoterapeuta di Cividale del Friuli, autore di numerosi libri che spaziano dalla storia del Novecento delle terre italiane all’Est a quelli di farmacopea. Al Club ha dedicato un altro tema, quello dell’esame storico della medicina all’epoca del Longobardi, nelle nostre terre durante il VI° secolo d.c. fino all’VIII° sec. d.c. In tutte le epoche storiche l’uomo ha dovuto fare i conti con il dolore e la malattia ed ha dovuto, necessariamente, porsi come obbiettivo quello di trovare un giusto rimedio alla ‘disarmonia’ del corpo e dell’anima.
In un suo libro recente, egli focalizza l’attenzione sui Longobardi e il loro legame con la medicina. Fornasaro prende in esame le gesta di questo popolo, dai primi Vinnili scandinavi fino al loro arrivo in Pannonia spinti dalla necessità ai fini della sopravvivenza, prima della conquista dell’Italia centro-settentrionale (Langobardia maior) e poi, di quella meridionale (Langobardia minor) fino alla sconfitta ad opera di Carlo Magno. Si ritiene l’VIII° secolo il momento più significativo della vitalità longobarda, e ciò grazie a due figure: Paolo, uomo friulano legato alla cultura latina, patriarca di Aquilea, e Paolo Diacono, uomo di cultura nato a Cividale in Friuli, reso celebre dallo scritto Historia Langobardorum.
Per quanto riguarda specificatamente il versante medico, i Longobardi, alle origini, in quanto discendenti dai germani, sono legati ad una concezione teurgica, magica e demonistica della malattia. Si tratta di una medicina etnoiatrica, popolare, in cui anche le donne rivestono un ruolo cruciale: sono esperte nel guarire ferite, hanno una conoscenza di piante medicinali e loro usi alimurgici e sono delle ottime levatrici.
La loro discesa in Italia sancisce il contatto con la cultura medica bizantina e romana, ossia, in questo ultimo caso, con il monachesimo di Benedetto da Norcia la cui massima è: ‘prima di tutto e soprattutto bisogna prendersi cura dei malati’. Fornasaro ha insistito su questo punto e mettendo in risalto l’idea secondo la quale la fondazione, nell’area geo-politica longobarda, di monasteri, abbazie, centri religiosi, cioè xenodochi, sia stata di importanza capitale per la cura degli infermi. Dallo scritto epico di Paolo Diacono è possibile ricavare altre conoscenze di pratiche mediche del popolo dalle lunghe barbe. Vengono, innanzitutto, prese in considerazione numerose pandemie: la peste, la cui guarigione si lega alla fitoterapia, essenziali sono l’aglio e la cipolla, la salvia e il “vino di San Paolo”. Altra malattia descritta è la lebbra: il malato veniva visitato da una commissione medica che, sulla base di ‘segni’ quali la voce rauca, il naso deformato da bitorzoli, il viso leonino, l’ipersensibilità, ne decretava la morte civile internandolo in un cronicario. Nella Historia vengono descritte anche la flebotomia, cioè l’arte di incidere le vene per eseguire salassi e una protesi al ginocchio; inoltre si sottolinea la presenza di una pratica igienica e l’importanza di salassi, purghe e clisteri. Un capitolo si occupa anche al diritto longobardo (l’editto di Rotari) grazie al quale si evince la figura professionale del medico: “proprio la figura del medico, la menzione del suo onorario e la sua parcella, indicano che la professione era calata in alcuni momenti tipici della realtà sociale e storica dell’epoca”. Tra i medici ha ricordato quelli più importanti che sono: Gaiodaldo da Pistoia, San Benedetto Crispo, nel cui testo ‘In medicina libellum’ si ritrovano studi di anatomia, fisiologia e patologia umana, Alfano che nel suo ‘De quatuor humoribus corporis umani’ riprende la teoria umorale greco-romana, e Garioponto Salernitano. Nonostante la sconfitta politica, il lascito culturale di questo popolo è stato immenso: “La storia dei Longobardi – scrive Fornasaro – non si chiude con la fine del loro regno, abbattuto dai franchi, ma continua ancora per secoli nella Langobardia minor. E qui, anche per il loro intervento prenderà corpo e si svilupperà una nuova istituzione, la Scuola Salernitana.
L’esposizione piacevole ha reso possibile cogliere l’entusiasmo dello studioso ( che ha colpito tutti per la sua vasta cultura ) e scrittore della storia di questo popolo. L’intervento, arricchito dalle citazioni della iconografia storico-medica e da quella di due altri temi come le species botaniche medicinali ed il glossario dei termini medici e fitoiatrici, si è concluso con l’invito ad andare a visitare (o rivisitare) il museo longobardo di Cividale nel quale viene tra l’altro conservato un reperto in pelle di cinto per ernia inguinale….pare che sia di grande interesse e rarità. I longobardi erano grandi e grossi e qualche cedimento nelle parti basse l’avevano (testuali parole). E’ stato quindi formulato il proposito di reincontrarci con il relatore per via del grande interesse suscitato.