Serata densa di contenuti quella di giovedì 2 marzo : in un locale lungo il Vallone per Gorizia, vicino alla località dove il Club sta ultimando un service legato alla Prima Guerra Mondiale, la riunione ha avuto due momenti significativi.
Nel primo il Club ha consegnato ai Sindaci di Savogna d’Isonzo, Alenka Florenin, e di Doberdò del Lago, Fabio Vizintin, due defibrillatori che sono stai presi in carico dai rappresentanti delle Associazioni sportive del luogo.
Questo service è stato illustrato dalla socia Lucia Crapesi che con semplicità ed efficacia ha ricordato l’estrema importanza di questi semplici strumenti di rianimazione da arresti cardiaci che chiunque , leggendo le istruzioni illustrate sugli apparecchi stessi , può applicarli al torace della persona colpita sì da autoregolandosi agire ”resuscitando” un essere umano altrimenti – in attesa di soccorsi – in serissimo pericolo.
La seconda parte dell’incontro invece ha visto intervenire l’oratore Mitja Juren di Savogna d’Isonzo, storico locale , scrittore e pubblicista tra i più esperti dei fatti d’arme e non solo legati al c.d. “Vallone” che porta da Monfalcone a Gorizia.
Grande trincerone che nel 1916-18 fu luogo di asprissime e sanguinosissime battaglie tra i due eserciti italiano ed austroungarico. Oltre 200.000 soldati fra morti , feriti e prigionieri furono coinvolti : qui infuriarono le “battaglie dell’Isonzo” che massacrarono gli uomini senza che avvenissero significativi spostamenti di fronte. La varie “quote” come i nomi dei monti o rilievi della zona sono rimaste legate a questa terribile guerra sul carso isontino : che vide poi questi nomi tramandati nelle generazioni come simbolo di sofferenze inaudite dalle due parti. A questi significati il Club ha voluto dedicare un service in fase di conclusione, scegliendo lungo la SS 55 per Gorizia un punto detto “Quota 87” fra i tanti che si trovano lungo questa strada che fu luogo di cimiteri del primo fronte e che successivamente furono ricordati con cippi e monumenti. Due di questi sono stati restaurati (compresa una Madonnina votiva in marmo bianco), l’area ripristinata e vi sarà collocata una bacheca con un tabellone trilingue che racconta – per una informazione storico-turistica – i fatti di allora, lì successi. Lungo il “Vallone”, ha ricordato Juren , la lunga fila di cipressi (tipico albero cimiteriale) sta proprio a ricordo di questi piccoli sepolcreti sparsi dovunque e ricordati alle vote da semplici rocce incise con graffiti accanto alle quali sempre c’è però il cipresso segno duratura della devozione e del dolore di quei gironi. L’oratore s’è soffermato sul significato tattico del luogo : il Vallone del Carso, questo lungo solco naturale che da Gabria si estende fino all’abitato di Bonetti sopra Jamiano, svolse un ruolo organizzativo di retrovia di vitale importanza per entrambi gli eserciti. Dal maggio 1915 fino al 10 agosto 1916 servì come base logistica alle truppe austro-ungariche, che difendevano dagli attacchi italiani il fronte carsico nel settore di Doberdò. Migliaia di soldati della duplice monarchia passarono per il Vallone per poi dirigersi, attraverso canaloni e doline, verso il settore di prima linea assegnato sulle quote tra San Michele, San Martino, Bosco Cappuccio, Marcottini e Sei Busi. Resistettero su quelle colline per 15 mesi, avendo sempre come basi di riferimento l’alveo del Vallone ed il grande campo di retrovia ricavato più ad est tra Lokvica e Segeti. Dopo la sesta battaglia dell’Isonzo (dal 4 al 16 agosto 1916) le truppe italiane fecero capitolare San Martino, San Michele e tutto l’altipiano di Doberdò e il 10 agosto irruppero nella retrovia austro-ungarica del Valllone, a quel punto già evacuato dalle truppe Imperial Regie. Da quel momento, il grande solco divenne un’importante polmone logistico per le truppe italiane che dovettero affrontare le trincee avversarie, già in precedenza predisposte, sui primi ciglioni del Carso di Komen. Le battaglie autunnali del 1916 produssero modesti avanzamenti verso l’interno del Carso di Komen ma fecero ampliare gli già esistenti cimiteri austro-ungarici con migliaia di salme dei morti italiani. Uno dei tanti fu dedicato alla Brigata Pinerolo di cui faceva parte anche Arturo Stanghellini che nel suo libro “Introduzione alla vita mediocre” quando nell’agosto 1916 fu spedito, con il suo reparto, sull’altopiano Carsico così ricorda quella giornata: “… Buia era la notte, buio era il Vallone, buia la nostra ignoranza.” Il Presidente, nel ringraziare il gen. Franceso Bonaventura (presente) Presidente della Associazione Granatieri di Sardegna – sezione di Trieste che in relazione ad uno dei due cippi restaurati ( una colonna) eretto da quella Associazione partecipa a questa ricorrenza, ha informato che il 1° aprile prossimo con una cerimonia sul posto verranno restituite al territorio queste memorie che ha voluto definire parte di un progetto detto “adotta un cippo” , cerimonia durante la quale l’Associazione d’arma celebrerà il 358° dalla fondazione del corpo.