
Anticipare il futuro è il tema della relazione che il magnifico rettore dell’Università di Udine Alberto Felice De Toni ha tenuto nel corso della conviviale di giovedì 2 aprile.
«Viviamo in tempi esponenziali in cui i cambiamenti avvengono a una velocità tale che non ci consente di dare risposte adeguate in tempo utile. Il futuro ci arriva addosso come un gatto che si muove dapprima a passi lenti e felpati salvo poi balzare di scatto sulla preda che non ha più scampo – ha detto il rettore. Oggi le aziende non possono più programmare il loro futuro basandosi sulle esperienze del passato, devono usare approcci diversi ed avanzati – ha aggiunto – che consentano loro di individuare i segnali deboli, i trend emergenti ed i percorsi diversi di evoluzione. E questo può avvenire con il ricorso alle strategie innovative del corporate foresight».
Alberto De Toni è Rettore dell’Università degli Studi di Udine e professore Ordinario di Organizzazione della Produzione e di Gestione dei Sistemi Complessi. E’ una delle menti più acute e vivaci nell’attuale panorama culturale, autore di oltre 260 pubblicazioni scientifiche, nazionali ed internazionali. Le principali aree in cui, da anni, conduce riflessioni e ricerche sono: Operations Management, Innovation Management e Complexity Management.
Nella sua relazione, che è stata una vera e propria lectio magistralis, ha affermato che il cambiamento è sempre più accelerato, interconnesso e discontinuo. La velocità del cambiamento è diventata così elevata che oggi non riusciamo a dare tutte le risposte in tempo utile. Viviamo in tempi esponenziali. Nel 1970 nella terra vivevano circa 3,5 miliardi di persone, oggi superiamo i 7 miliardi. Il primo sms fu spedito nel dicembre del 1992, oggi il numero degli sms spediti e ricevuti ogni giorno è maggiore del totale degli abitanti del pianeta. Per raggiungere un pubblico di 50 milioni di persone la radio impiegò 38 anni, la televisione 13, internet 4, l’iPod 3, facebook 2. Gli utenti collegati a internet nel 1984 erano mille, nel 1992 un milione, nel 2013 oltre due miliardi.
Il vivere in tempi esponenziali comporta un presente sfuggente, compreso quando già sta scomparendo, e un futuro sempre più vicino. Come diceva l’amico e compianto Ernesto Illy: “Quando la vita scorreva lenta come un pigro fiume, la complessità esisteva, ma non veniva percepita. Oggi tutti se la sentono addosso, perché il ritmo si è fatto serrato come un torrente vorticoso”
Il vivere in sistemi sempre più interdipendenti evidenzia che i presenti sono molteplici; ciascuno di noi appartiene simultaneamente a diversi reti culturali, sociali ed economiche. Viviamo molti presenti che si intersecano tra di loro a livello individuale e di gruppo, sul piano economico e sociale. Dei molteplici presenti non riusciamo a capire quale di questi prevarrà sugli altri. Per questo motivo il futuro è sempre più imprevedibile, inaspettato.
Il vivere in ambienti con risposte sempre più amplificate (si pensi alle conseguenze che oggi una crisi finanziaria di un paese provoca sull’intero sistema) rende il presente sempre più instabile, soggetto a grandi cambiamenti generati da piccole cause, nella logica dell’effetto farfalla. La discontinuità del cambiamento, la non linearità della risposta, annuncia un futuro dirompente.
Rispetto al cambiamento possiamo decidere se resistervi (inutilmente), adattarvisi di volta in volta (reagendo) o giocare d’anticipo (in modo proattivo). Per anticipare il futuro sono necessari approcci avanzati che vadano oltre i tradizionali modelli di previsione basati sulla proiezione in avanti delle esperienze passate. Questi metodi, cosiddetti di anticipazione, costruiscono scenari possibili considerando: la molteplicità dei presenti in essere, i segnali deboli, i trend emergenti e percorsi diversi di evoluzione. Il tutto per rispondere ad un cambiamento che come detto è sempre più accelerato, interconnesso e discontinuo. Solo in questo modo è possibile affrontare la complessità del reale e il suo perenne cambiamento.
Il futuro arriva come un gatto. Il gatto, come tutti i felini, si avvicina a passi felpati. I rumori sono lievi: sono i cosiddetti segnali deboli. Poi i segnali addirittura cessano: è il momento dell’agguato. Infine c’è il balzo finale e il futuro ci arriva addosso senza nemmeno che ce ne accorgiamo. Dobbiamo saper cogliere i segnali deboli. Ogni adulto sa che un mago non può produrre un coniglio senza che esso sia già nascosto nel suo cappello; allo stesso modo, le sorprese quasi mai emergono senza un segnale d’allerta. Tali segnali di allerta sono i segnali deboli. Essi sono deboli nel senso di difficili da individuare, ma non nel loro impatto potenziale che può essere molto rilevante. Come il coniglio di un mago è già nel cilindro prima che noi lo vediamo, così il futuro è già qui anche se non lo vediamo ancora in modo chiaro. E non lo vediamo perché all’inizio si manifesta solo con segnali deboli.
Il mondo cambia come i disegni in un caleidoscopio: le tendenze si espandono, si contraggono, si disgregano, si fondono, si disintegrano e svaniscono, mentre altre si formano. Nulla resta costante. I trend più importanti non conoscono confine e condizionano ogni aspetto della società: hanno il potenziale di cambiare profondamente il modo in cui il mondo funzionerà domani, e possono impattare più velocemente di quanto si possa pensare.
Sogno, visione e mito sono i reali motori del cambiamento in quanto sono l’immaginario rispettivamente del singolo, del gruppo e del sociale. Motori alimentati dal potere dell’immaginazione.
La creazione del futuro tramite nuove idee, la sfida alle idee dominanti, le innovazioni presuppongono una certa dose di disobbedienza ai canoni precedenti; ma possono dirsi realmente innovazioni solo se vanno a buon fine. Altrimenti rimangono solo tentativi, disobbedienze che non portano a vantaggi reali. I veri innovatori sono quelli che non solo rompono schemi mentali consolidati, fino ad allora condivisi – aprendo con nuovi occhi a nuove prospettive – ma che sono anche capaci di trarre frutto da queste discontinuità. In altre parole l’innovazione è una disobbedienza andata a buon fine.
Nell’impetuoso fiume del cambiamento, se pensiamo di essere in un grande battello a vapore e di poter risalire il corso dell’acqua ci inganniamo. Siamo piuttosto in una piccola canoa che discende la corrente tumultuosa. Se osserviamo attentamente il flusso dell’acqua, con la sensazione di farne parte, sapendo che varia di continuo e che conduce sempre a nuove complessità, ogni tanto possiamo affondare un remo nell’acqua e spingerci da un vortice all’altro.
Convivere con il cambiamento ci regala in ogni modo un orizzonte infinito; come ci ricorda Schopenhauer: Solo il cambiamento è eterno, perpetuo, immortale.
In coda al suo intervento il rettore De Toni ha espresso il suo ottimismo sugli scenari futuri di sviluppo dell’Università di Udine e ha ribadito la funzione fondamentale della scuola per preparare i giovani all’ingresso nel mondo del lavoro.