Il dott. Andrea Fiore, medico psichiatra, ha parlato di questo delicato e misconosciuto tema il 16 marzo. Con l’aiuto del lavoro di ricerca fotografica di Alfonso Vasile ha esposto storia e aneddotica del fenomeno degli “scemi di guerra” come furono chiamati al ritorno a casa quei soldati (minima la percentuale di ufficiali) stressati oltre ogni limite dal rumore, dallo strazio della vita di trincea, dalla paura. Rintanati nei buchi delle trincee in attesa del comando d’attacco durante il quale sapevano che forse sarebbero morti in 50 su 100, dopo ore e giorni dell’intollerabile frastuono delle artiglierie, con la certezza di non avere scampo dalle mitragliatrici dei nemici o dalle pistole degli ufficiali alle spalle se non uscivano a farsi massacrare un buon 5% dei militari al fronte subì spesso irreversibili alterazioni mentali e psicofisiche. Corpi tremanti, sguardi assenti, movimenti inconsulti, mutismi, stato prolungato di choc: in questo stato venivano allontanati dal fronte per subire un rigoroso quanto falso trattamento di guarigione da parte di medici militari anche psicologi, di prima linea, sempre diffidenti . Infatti il sospetto della simulazione era sempre presente, la necessità di rimandarli al fronte impellente, la pochissima conoscenza medica del fenomeno portava a sottovalutare il fenomeno, scontrandosi con l’impotenza terapeutica. Scosse elettriche e terapie ipnotiche, se andava bene !! Forse solo il tempo poteva migliora le cose, ma tempo non ce n’era. Chi “superava “ l’esame dei medici al fronte aveva qualche speranza di essere ricoverato nelle retrovie . Dove agivano medici civili e dove i tentativi terapeutici psicologici erano più coscienti e seri grazie alla preparazione specifica dei dottori aiutata, pur in tempo di guerra, dallo scambio di informazioni scientifiche internazionale e transfronte bellico. Comunque aspra fu la contrapposizione tra medici militari e civili anche per la segretezza con cui occorreva trattare questo argomento “antipatriottico”. Il percorso del malato continuava verso casa nei manicomi militari ed alla dimissione in famiglia, al paese. Moltissimi di essi però furono talmente provati da diventare “scemi del paese”, fuori pericolo di vita ma alienati per sempre. La casistica fu molto grande su tutti i fronti e forni casi di studio che molto aiutarono poi la medicina delle malattie mentali a livello delle diagnosi. Fu la guerra “tecnologica” (bombe, aereoplani , cannonate da grandissima distanza , invisibili, gas asfissianti, carri armati) nuova e terribile che sconvolse le menti aggiungendo la paura della mostruosa novità a quella umana del morire. La drammatica conseguenza di tutto ciò che colpì tutti gli eserciti della prima Guerra mondiale non colpì se non in assolutamente minor modo quelli della seconda. Infatti negli anni ’20 e ’30 ormai ci si era abituati a queste nuove tecniche di distruzione e o per assuefazione, o per diversa tattica usata al fronte i casi di choc furono , come i disertori, molto di meno. Se la terribile epidemia di spagnole distolse l’attenzione dai mutilati e feriti di guerra e dai copiti da questi choc, essi ultimi furono tanto evidenti e significativi che oggi il Post-Traumatic Stress Disorder è chiamato “nevrosi di guerra”
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