Riunione fuori zona per il club giovedì 7 marzo : convocata da “MILIC” , storico agriturismo del Carso triestino a Sagrado di Sgonico, la riunione voleva esplorare cibi, tradizioni gastronomiche ed enologiche della zona alle spalle di Trieste . Oratore ancora una volta di sorprendente passione e preparazione : Carlo Del Torre che a poche settimane di distanza dalla trattazione del tema della cucina medioevale a Cormons da Gianni Felcaro si è ripetuto su di un tema a lui così caro. Ha chiarito innanzitutto il significato del concetto corrente di cucina “povera” che poiché genuina e fatta con i prodotti del territorio attira tanto noi tutti. In realtà si tratta delle tecniche correnti delle genti (nel caso carsiche) contadine o in genere rurali volte ad usare le materie prime sia per conservarle (senza freezer) sia per cucinarle in pietanze dai lunghi tempi ( senza quindi bruciarle). Da qui tanti piatti gustosi ed apparentemente semplici , ma che riscaldati sono ancor più buoni , tanti prodotti del maiale o del manzo insaccati od affumicati od arrosti per le grandi occasioni , tanti aromi dell’orto ad insaporire l’onnipresente patata, i dolci delle feste semplici e durevoli come la pinza, il presnitz, la putizza a consumare le uova e la frutta secca della fattoria.Perché nel carso non ci fu mai la presenza di dimore patrizie o ricco borghesi , cioè di un ceto ricco che avrebbe potuto importare e diffondere – come in città- ricette “straniere” . Qui è tuttora il regno dei contadini e pastori locali e loro eredi , con i loro casolari in pietra chiusi in se stessi a protezione del freddo e della bora. Non c’era e non c’è (per fortuna) motivo di cambiare : la sussistenza era garantita con il duro lavoro nei pochi campi sul fondo delle doline e nei piccoli orti con le mucche, le oche, le galline, i conigli , i maiali, le capre che abbiamo visto noi stessi arrivando in questo “agriturismo” che ben rappresenta la storia e cultura del posto.
E le ricette : certo c’erano ci ha detto Carlo. Tramandate da nonna in nipote fino ai giorni nostri. Ed ha citato due gustosi esempi. Quello della pinza pasquale con farina, zucchero, acqua , lievito e ….100 rossi d’uovo (per 3 kg di farina) !!!!! O quello della testa di maiale lessato alla cui preparazione lui stesso s’è cimentato (rischiando la lite in famiglia) : una serie di ammolli, bolliture aromatiche, sgrassature di giorni dal risultato sorprendentemente delicato.
Quanto ai vini il carso poco poteva offrire visto il terreno roccioso ed il clima. E le uve cabernet da secoli usate nei piccolissimi appezzamenti davano un rosso asprigno, profumato ( e tinto !) di lampone assolutamente sconosciuto fuori del posto : il Terrano. Oggi reso più commerciabile dalla sapienza degli enologi ha una produzione di nicchia (al di qua ed al di là del confine sloveno) proprio apprezzata con i pasti “carsolini”. Con un cenno di Carlo poi ad una vera e propria curiosità di un angolo del carso particolarissimo ( la costiera triestina da Barcola a Duino) dove nei ripidi e pochi terrazzamenti i produttori controllavano le vigne …..dal mare con il cannocchiale . Si trattava di un vino (citato da Plinio il Vecchio come consolatore dell’imperatrice Livia) a lungo discusso se rosso quindi parente del Terrano, o bianco probabilmente del vitigno Glera parente del Prosecco (non per niente la frazione omonima è a poche centinaia di metri dal ciglione carsico). Disputa eno-culturale irrisolta ma gradevolissima.
I soci, non ostante l’irresistibile attrazione della sterminata tavolata di antipasti sotto i loro occhi durante la relazione di Carlo, hanno dimostrato all’oratore , assieme al Presidente, ancora una volta tutta la loro riconoscenza per la disponibilità e bravura dimostrata . E la cena poi è stata “de visu” la dimostrazione della teoria esposta.
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